Associazione Pronto Soccorso Famiglia 

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Buongiorno a tutti, l’associazione Pronto Soccorso famiglie onlus nasce per mettere a conoscenza la cittadinanza di un problema che assilla migliaia di italiani, ma che per volontà specifiche viene taciuto alla pubblica opinione. Parliamo di circa 35.000 bambini che oggi vivono tra istituti chiamati “case famiglia” e famiglie affidatarie, sradicati dalla propria famiglia di origine. E’ un discorso lungo e complesso che cercheremo di sintetizzare al massimo. Abbiamo in Italia un tribunale per i minori che risale all’inizio dell’epoca fascista nato per le esigenze del periodo, cioè per tutelare i figli della prima guerra, sbandati, orfani, figli dei contadini indigenti. Encomiabile istituzione che provvedeva al collocamento in orfanotrofio di bambini ed al loro inserimento presso altre famiglie ed a dare loro istruzione e lavoro. Molte persone quindi si rivolgevano anche spontaneamente a questo tribunale perché potessero far crescere i propri figli in condizioni migliori e provvedessero in qualche modo al loro futuro. Dopo la seconda guerra mondiale il tribunale ha perseguito gli stessi scopi. Veniamo ora ai giorni nostri… Il tribunale dei minori oltre ad occuparsi di reati commessi da minori ha per compito d’istituto la tutela del minore in tutte le sue altre forme, cioè la valutazione del grado di benessere del minore soprattutto, nell’ambito familiare e scolastico. Per accertare tali condizioni si avvale della consulenza di assistenti sociali e di psicologi appartenenti alle aziende sanitarie locali. Ora non ci soffermiamo sulla preparazione specifica di queste figure nel più dei casi neolaureate e senza esperienza genitoriale, ma è indispensabile sapere che avendo avuto notizia di un eventuale disagio di qualsiasi genere (tramite la scuola, da vicini di casa, da telefonate più o meno anonime od a causa della richiesta di aiuto da parte della famiglia stessa per indigenza o problematiche economiche), queste solerti impiegate dopo aver svolto (non sempre) molto approssimative indagini presso le scuole, le famiglie, e fonti di informazione varie, comunicano le loro deduzioni per iscritto al tribunale anzidetto. Il giudice sulla scorta di quanto riferito dal servizio sociale emette pertanto un decreto denominato “decreto temporaneo ed urgente” in genere di limitazione della potestà genitoriale, affidando il minore al Comune e delegando il servizio sociale ad intraprendere qualsiasi iniziativa vogliano adottare in favore del supremo interesse del minore. Giova precisare che il giudice emette tale provvedimento SOLO sulla scorta del riferimento del servizio sociale SENZA aver in alcun modo interpellato i familiari del minore, che essendo temporaneo in realtà non ha scadenza (artt. 333 e 334 c.c. e art.741 c.p.c.). Nella maggioranza dei casi il minore viene prelevato forzosamente dal proprio ambito familiare ad insaputa dei genitori, o dalla scuola, e deportato in queste comunità. Il 70% dei minori tolti alla famiglia ha come motivazione “l’incapacità genitoriale”, termine che spazia a 360° perché non definito in alcun testo psicologico o giuridico che ne stabilisce i limiti e confini, pertanto, e solo per fare un esempio più che banale, ma non troppo discosto dalla realtà dei fatti, è sufficiente che la maestra riferisca che un bambino veste in maniera trasandata, è sporco, o solamente non ha tutto il materiale necessario, per iniziare l’iter che porta alla rovina della famiglia. Per i genitori di figli sottratti inizia un calvario fatto di incontri psicologici, psicoterapie, incontri di gruppo, colloqui a vario titolo, tutto volto ad ottenere (inutilmente) le indefinite capacità genitoriali, ma che nel contempo producono lavoro per migliaia di professionisti del campo a spese della comunità. Utile dire inoltre che questi genitori avranno la facoltà di incontrare i propri figli quando non peggio, per una o due ore MENSILI in spazi cosiddetti “protetti” alla presenza costante di uno psicologo che gestisce gli argomenti trattabili pena la sospensione dell’incontro, il tutto videoregistrato e con una parete a specchio dove dietro siedono altri personaggi. Questo durerà per tutto il tempo che gli assistenti sociali e psicologi riterranno necessario, avendo loro la facoltà di decidere le modalità di incontro con i figli e l’eventuale rientro in famiglia. A nulla vale il ricorso di un avvocato in quanto come già detto, il decreto in virtù della propria temporaneità non può essere impugnato, e le perizie di parte portate dalla famiglia hanno poco valore perché le uniche perizie ritenute valide sono quelle disposte dal giudice che si avvale di un perito spesso “di fiducia” del magistrato stesso. Non dimentichiamo che i minori in tutto ciò, checchè ne dicano psicologi e psichiatri, riporteranno un trauma da allontanamento ben più grave della problematica iniziale imputata alla famiglia; il dover vivere nell’assenza di tutti gli affetti, della propria casa e la propria vita sotto tutti gli aspetti, l’essere letteralmente sradicati dalle proprie origini e trapiantati in ambienti privi dell’affetto di cui necessitano durante la loro delicata infanzia e sviluppo,e che forse per sempre segneranno la loro psiche, ma ciò viene ritenuto “trascurabile” in quanto questi bambini godono del supporto psicologico necessitante apportato da professionisti che sopperiscono (a loro dire) egregiamente alla mancanza dei genitori; basti pensare che Un termine utilizzato dagli esperti del settore è “Resettaggio”, pertanto annullamento del pregresso e nuova programmazione. Torniamo alle cifre iniziali, 15.000 (dato certo ISTAT) sono i bambini dati in affido a comunità (il resto in affidamento eterofamiliare), che provvedono a tenere i minori protetti dalla famiglia ritenuta abusante o inidonea ad un costo che va da 70 alle 300 euro giornaliere a carico degli enti comunali e regionali. Per non parlare delle ulteriori direttive (non ufficiali) date ad assistenti sociali che dopo 2 anni di comunità affidano i minori ad altra famiglia a cui viene erogato un sussidio mensile di euro 480 (non dato alle famiglie indigenti che per tale motivo si vedono sottrattii figli) piuttosto che agevolare il rientro in famiglia del minore e perdere quindi la possibilità di vigilare ed imporre “percorsi” sul minore e sulla famiglia affidataria. La sottrazione di un minore dalla famiglia di origine produce attività lavorativa per tutte quelle categorie di professionisti che ruotano attorno al caso; Comunità, case-famiglia, psicologi, psicoterapeuti,psichiatri, periti del tribunale, centri per bambini maltrattati, avvocati, giudici, e costa alla comunità la cifra di 2.000.000.000 di euro annui, tanto che non a caso l’on. Antonio Guidi, ex ministro per la famiglia in passata legislazione lo ha definito ad un convegno sul tema da noi organizzato a Trento, il “business del secolo” pronunciando le forti parole “vale più un chilo di bambino che un chilo di eroina”. Siamo stati brevi, i fatti che abbiamo appena descritto sono solo una parte della realtà, e potremmo andare ancora oltre, ma lasciamo a voi l’idea di quale siano gli ulteriori risvolti della situazione lasciando che la vostra libera immaginazione arrivi a pensare quanto non abbiamo avuto lo spazio di dire, e vi garantiamo che difficilmente vi discostereste dalla triste realtà. Quello che sentiamo è il dovere di contestare la procedura adottata dal tribunale in virtù di leggi malamente, o forzatamente applicate ottengono risultati contrari a quelli per cui sono state promulgate, e che non espletando accurate indagini avvalendosi di personale poco qualificato, o comunque indirizzato, tramuta il diritto del minore in tutela “a tutti i costi”, con pena per lo stesso e per la famiglia. Solo ultimamente ed in maniera molto marginale si è iniziato ad affrontare a livello istituzionale il problema esposto, ma nonostante le pressioni di diverse associazioni e politici stessi, ancora oggi i media nazionali, prime fonti di informazione, non ne parlano in maniera approfondita, salvo sporadici casi ultimamente trattati solo perchè hanno creato un certo scalpore le "modalità di sottrazione"(ricordate il bambino trascinato per le braccia ed i piedi dalle forze dell’ordine?), quando questi fatti avvengono invece quotidianamente lontano dai riflettori mediatici. La magistratura italiana nonostante i ripetuti richiami ricevuti ed in molti casi condanne, continua a disapplicare l’inalienabile diritto del fanciullo a crescere in seno al proprio nucleo familiare, (salvo casi di accertato abuso), così come sancito dalla convenzione di New York del 1989 ratificata dall’ Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. Il minore va indiscussamente tutelato, ma con intelligenza ed umanità, senza lucro e direttive di casta.  E’ nostra intenzione raccogliere questi fatti ad oggi ancora poco conosciuti, e portarli dinanzi ai giudici della Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo affinchè anche la nostra nazione si adegui alle direttive europee in materia. La nostra associazione si occupa di dare supporto alle famiglie con attività di consiglio, se necessario aiuto a carattere legale, aiuto psicologico, e dove possibile mediazione con le istituzioni, nonché lo studio approfondito della materia per il dialogo già in essere con parti politiche ed istituzionali volto alla risoluzione delle problematiche inerenti la vera tutela del minore. Siamo a vostra disposizione, contattateci per qualsiasi necessità o informazione. 

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Buongiorno a tutti, l’associazione Pronto Soccorso famiglie onlus nasce per mettere a conoscenza la cittadinanza di un problema che assilla migliaia di italiani, ma che per volontà specifiche viene taciuto alla pubblica opinione. Parliamo di circa 35.000 bambini che oggi vivono tra istituti chiamati “case famiglia” e famiglie affidatarie, sradicati dalla propria famiglia di origine. E’ un discorso lungo e complesso che cercheremo di sintetizzare al massimo. Abbiamo in Italia un tribunale per i minori che risale all’inizio dell’epoca fascista nato per le esigenze del periodo, cioè per tutelare i figli della prima guerra, sbandati, orfani, figli dei contadini indigenti. Encomiabile istituzione che provvedeva al collocamento in orfanotrofio di bambini ed al loro inserimento presso altre famiglie ed a dare loro istruzione e lavoro. Molte persone quindi si rivolgevano anche spontaneamente a questo tribunale perché potessero far crescere i propri figli in condizioni migliori e provvedessero in qualche modo al loro futuro. Dopo la seconda guerra mondiale il tribunale ha perseguito gli stessi scopi. Veniamo ora ai giorni nostri… Il tribunale dei minori oltre ad occuparsi di reati commessi da minori ha per compito d’istituto la tutela del minore in tutte le sue altre forme, cioè la valutazione del grado di benessere del minore soprattutto, nell’ambito familiare e scolastico. Per accertare tali condizioni si avvale della consulenza di assistenti sociali e di psicologi appartenenti alle aziende sanitarie locali. Ora non ci soffermiamo sulla preparazione specifica di queste figure nel più dei casi neolaureate e senza esperienza genitoriale, ma è indispensabile sapere che avendo avuto notizia di un eventuale disagio di qualsiasi genere (tramite la scuola, da vicini di casa, da telefonate più o meno anonime od a causa della richiesta di aiuto da parte della famiglia stessa per indigenza o problematiche economiche), queste solerti impiegate dopo aver svolto (non sempre) molto approssimative indagini presso le scuole, le famiglie, e fonti di informazione varie, comunicano le loro deduzioni per iscritto al tribunale anzidetto. Il giudice sulla scorta di quanto riferito dal servizio sociale emette pertanto un decreto denominato “decreto temporaneo ed urgente” in genere di limitazione della potestà genitoriale, affidando il minore al Comune e delegando il servizio sociale ad intraprendere qualsiasi iniziativa vogliano adottare in favore del supremo interesse del minore. Giova precisare che il giudice emette tale provvedimento SOLO sulla scorta del riferimento del servizio sociale SENZA aver in alcun modo interpellato i familiari del minore, che essendo temporaneo in realtà non ha scadenza (artt. 333 e 334 c.c. e art.741 c.p.c.). Nella maggioranza dei casi il minore viene prelevato forzosamente dal proprio ambito familiare ad insaputa dei genitori, o dalla scuola, e deportato in queste comunità. Il 70% dei minori tolti alla famiglia ha come motivazione “l’incapacità genitoriale”, termine che spazia a 360° perché non definito in alcun testo psicologico o giuridico che ne stabilisce i limiti e confini, pertanto, e solo per fare un esempio più che banale, ma non troppo discosto dalla realtà dei fatti, è sufficiente che la maestra riferisca che un bambino veste in maniera trasandata, è sporco, o solamente non ha tutto il materiale necessario, per iniziare l’iter che porta alla rovina della famiglia. Per i genitori di figli sottratti inizia un calvario fatto di incontri psicologici, psicoterapie, incontri di gruppo, colloqui a vario titolo, tutto volto ad ottenere (inutilmente) le indefinite capacità genitoriali, ma che nel contempo producono lavoro per migliaia di professionisti del campo a spese della comunità. Utile dire inoltre che questi genitori avranno la facoltà di incontrare i propri figli quando non peggio, per una o due ore MENSILI in spazi cosiddetti “protetti” alla presenza costante di uno psicologo che gestisce gli argomenti trattabili pena la sospensione dell’incontro, il tutto videoregistrato e con una parete a specchio dove dietro siedono altri personaggi. Questo durerà per tutto il tempo che gli assistenti sociali e psicologi riterranno necessario, avendo loro la facoltà di decidere le modalità di incontro con i figli e l’eventuale rientro in famiglia. A nulla vale il ricorso di un avvocato in quanto come già detto, il decreto in virtù della propria temporaneità non può essere impugnato, e le perizie di parte portate dalla famiglia hanno poco valore perché le uniche perizie ritenute valide sono quelle disposte dal giudice che si avvale di un perito spesso “di fiducia” del magistrato stesso. Non dimentichiamo che i minori in tutto ciò, checchè ne dicano psicologi e psichiatri, riporteranno un trauma da allontanamento ben più grave della problematica iniziale imputata alla famiglia; il dover vivere nell’assenza di tutti gli affetti, della propria casa e la propria vita sotto tutti gli aspetti, l’essere letteralmente sradicati dalle proprie origini e trapiantati in ambienti privi dell’affetto di cui necessitano durante la loro delicata infanzia e sviluppo,e che forse per sempre segneranno la loro psiche, ma ciò viene ritenuto “trascurabile” in quanto questi bambini godono del supporto psicologico necessitante apportato da professionisti che sopperiscono (a loro dire) egregiamente alla mancanza dei genitori; basti pensare che Un termine utilizzato dagli esperti del settore è “Resettaggio”, pertanto annullamento del pregresso e nuova programmazione. Torniamo alle cifre iniziali, 15.000 (dato certo ISTAT) sono i bambini dati in affido a comunità (il resto in affidamento eterofamiliare), che provvedono a tenere i minori protetti dalla famiglia ritenuta abusante o inidonea ad un costo che va da 70 alle 300 euro giornaliere a carico degli enti comunali e regionali. Per non parlare delle ulteriori direttive (non ufficiali) date ad assistenti sociali che dopo 2 anni di comunità affidano i minori ad altra famiglia a cui viene erogato un sussidio mensile di euro 480 (non dato alle famiglie indigenti che per tale motivo si vedono sottrattii figli) piuttosto che agevolare il rientro in famiglia del minore e perdere quindi la possibilità di vigilare ed imporre “percorsi” sul minore e sulla famiglia affidataria. La sottrazione di un minore dalla famiglia di origine produce attività lavorativa per tutte quelle categorie di professionisti che ruotano attorno al caso; Comunità, case-famiglia, psicologi, psicoterapeuti,psichiatri, periti del tribunale, centri per bambini maltrattati, avvocati, giudici, e costa alla comunità la cifra di 2.000.000.000 di euro annui, tanto che non a caso l’on. Antonio Guidi, ex ministro per la famiglia in passata legislazione lo ha definito ad un convegno sul tema da noi organizzato a Trento, il “business del secolo” pronunciando le forti parole “vale più un chilo di bambino che un chilo di eroina”. Siamo stati brevi, i fatti che abbiamo appena descritto sono solo una parte della realtà, e potremmo andare ancora oltre, ma lasciamo a voi l’idea di quale siano gli ulteriori risvolti della situazione lasciando che la vostra libera immaginazione arrivi a pensare quanto non abbiamo avuto lo spazio di dire, e vi garantiamo che difficilmente vi discostereste dalla triste realtà. Quello che sentiamo è il dovere di contestare la procedura adottata dal tribunale in virtù di leggi malamente, o forzatamente applicate ottengono risultati contrari a quelli per cui sono state promulgate, e che non espletando accurate indagini avvalendosi di personale poco qualificato, o comunque indirizzato, tramuta il diritto del minore in tutela “a tutti i costi”, con pena per lo stesso e per la famiglia. Solo ultimamente ed in maniera molto marginale si è iniziato ad affrontare a livello istituzionale il problema esposto, ma nonostante le pressioni di diverse associazioni e politici stessi, ancora oggi i media nazionali, prime fonti di informazione, non ne parlano in maniera approfondita, salvo sporadici casi ultimamente trattati solo perchè hanno creato un certo scalpore le "modalità di sottrazione"(ricordate il bambino trascinato per le braccia ed i piedi dalle forze dell’ordine?), quando questi fatti avvengono invece quotidianamente lontano dai riflettori mediatici. La magistratura italiana nonostante i ripetuti richiami ricevuti ed in molti casi condanne, continua a disapplicare l’inalienabile diritto del fanciullo a crescere in seno al proprio nucleo familiare, (salvo casi di accertato abuso), così come sancito dalla convenzione di New York del 1989 ratificata dall’ Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. Il minore va indiscussamente tutelato, ma con intelligenza ed umanità, senza lucro e direttive di casta.  E’ nostra intenzione raccogliere questi fatti ad oggi ancora poco conosciuti, e portarli dinanzi ai giudici della Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo affinchè anche la nostra nazione si adegui alle direttive europee in materia. La nostra associazione si occupa di dare supporto alle famiglie con attività di consiglio, se necessario aiuto a carattere legale, aiuto psicologico, e dove possibile mediazione con le istituzioni, nonché lo studio approfondito della materia per il dialogo già in essere con parti politiche ed istituzionali volto alla risoluzione delle problematiche inerenti la vera tutela del minore. Siamo a vostra disposizione, contattateci per qualsiasi necessità o informazione. 

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Buongiorno a tutti, l’associazione Pronto Soccorso famiglie onlus nasce per mettere a conoscenza la cittadinanza di un problema che assilla migliaia di italiani, ma che per volontà specifiche viene taciuto alla pubblica opinione. Parliamo di circa 35.000 bambini che oggi vivono tra istituti chiamati “case famiglia” e famiglie affidatarie, sradicati dalla propria famiglia di origine. E’ un discorso lungo e complesso che cercheremo di sintetizzare al massimo. Abbiamo in Italia un tribunale per i minori che risale all’inizio dell’epoca fascista nato per le esigenze del periodo, cioè per tutelare i figli della prima guerra, sbandati, orfani, figli dei contadini indigenti. Encomiabile istituzione che provvedeva al collocamento in orfanotrofio di bambini ed al loro inserimento presso altre famiglie ed a dare loro istruzione e lavoro. Molte persone quindi si rivolgevano anche spontaneamente a questo tribunale perché potessero far crescere i propri figli in condizioni migliori e provvedessero in qualche modo al loro futuro. Dopo la seconda guerra mondiale il tribunale ha perseguito gli stessi scopi. Veniamo ora ai giorni nostri… Il tribunale dei minori oltre ad occuparsi di reati commessi da minori ha per compito d’istituto la tutela del minore in tutte le sue altre forme, cioè la valutazione del grado di benessere del minore soprattutto, nell’ambito familiare e scolastico. Per accertare tali condizioni si avvale della consulenza di assistenti sociali e di psicologi appartenenti alle aziende sanitarie locali. Ora non ci soffermiamo sulla preparazione specifica di queste figure nel più dei casi neolaureate e senza esperienza genitoriale, ma è indispensabile sapere che avendo avuto notizia di un eventuale disagio di qualsiasi genere (tramite la scuola, da vicini di casa, da telefonate più o meno anonime od a causa della richiesta di aiuto da parte della famiglia stessa per indigenza o problematiche economiche), queste solerti impiegate dopo aver svolto (non sempre) molto approssimative indagini presso le scuole, le famiglie, e fonti di informazione varie, comunicano le loro deduzioni per iscritto al tribunale anzidetto. Il giudice sulla scorta di quanto riferito dal servizio sociale emette pertanto un decreto denominato “decreto temporaneo ed urgente” in genere di limitazione della potestà genitoriale, affidando il minore al Comune e delegando il servizio sociale ad intraprendere qualsiasi iniziativa vogliano adottare in favore del supremo interesse del minore. Giova precisare che il giudice emette tale provvedimento SOLO sulla scorta del riferimento del servizio sociale SENZA aver in alcun modo interpellato i familiari del minore, che essendo temporaneo in realtà non ha scadenza (artt. 333 e 334 c.c. e art.741 c.p.c.). Nella maggioranza dei casi il minore viene prelevato forzosamente dal proprio ambito familiare ad insaputa dei genitori, o dalla scuola, e deportato in queste comunità. Il 70% dei minori tolti alla famiglia ha come motivazione “l’incapacità genitoriale”, termine che spazia a 360° perché non definito in alcun testo psicologico o giuridico che ne stabilisce i limiti e confini, pertanto, e solo per fare un esempio più che banale, ma non troppo discosto dalla realtà dei fatti, è sufficiente che la maestra riferisca che un bambino veste in maniera trasandata, è sporco, o solamente non ha tutto il materiale necessario, per iniziare l’iter che porta alla rovina della famiglia. Per i genitori di figli sottratti inizia un calvario fatto di incontri psicologici, psicoterapie, incontri di gruppo, colloqui a vario titolo, tutto volto ad ottenere (inutilmente) le indefinite capacità genitoriali, ma che nel contempo producono lavoro per migliaia di professionisti del campo a spese della comunità. Utile dire inoltre che questi genitori avranno la facoltà di incontrare i propri figli quando non peggio, per una o due ore MENSILI in spazi cosiddetti “protetti” alla presenza costante di uno psicologo che gestisce gli argomenti trattabili pena la sospensione dell’incontro, il tutto videoregistrato e con una parete a specchio dove dietro siedono altri personaggi. Questo durerà per tutto il tempo che gli assistenti sociali e psicologi riterranno necessario, avendo loro la facoltà di decidere le modalità di incontro con i figli e l’eventuale rientro in famiglia. A nulla vale il ricorso di un avvocato in quanto come già detto, il decreto in virtù della propria temporaneità non può essere impugnato, e le perizie di parte portate dalla famiglia hanno poco valore perché le uniche perizie ritenute valide sono quelle disposte dal giudice che si avvale di un perito spesso “di fiducia” del magistrato stesso. Non dimentichiamo che i minori in tutto ciò, checchè ne dicano psicologi e psichiatri, riporteranno un trauma da allontanamento ben più grave della problematica iniziale imputata alla famiglia; il dover vivere nell’assenza di tutti gli affetti, della propria casa e la propria vita sotto tutti gli aspetti, l’essere letteralmente sradicati dalle proprie origini e trapiantati in ambienti privi dell’affetto di cui necessitano durante la loro delicata infanzia e sviluppo,e che forse per sempre segneranno la loro psiche, ma ciò viene ritenuto “trascurabile” in quanto questi bambini godono del supporto psicologico necessitante apportato da professionisti che sopperiscono (a loro dire) egregiamente alla mancanza dei genitori; basti pensare che Un termine utilizzato dagli esperti del settore è “Resettaggio”, pertanto annullamento del pregresso e nuova programmazione. Torniamo alle cifre iniziali, 15.000 (dato certo ISTAT) sono i bambini dati in affido a comunità (il resto in affidamento eterofamiliare), che provvedono a tenere i minori protetti dalla famiglia ritenuta abusante o inidonea ad un costo che va da 70 alle 300 euro giornaliere a carico degli enti comunali e regionali. Per non parlare delle ulteriori direttive (non ufficiali) date ad assistenti sociali che dopo 2 anni di comunità affidano i minori ad altra famiglia a cui viene erogato un sussidio mensile di euro 480 (non dato alle famiglie indigenti che per tale motivo si vedono sottrattii figli) piuttosto che agevolare il rientro in famiglia del minore e perdere quindi la possibilità di vigilare ed imporre “percorsi” sul minore e sulla famiglia affidataria. La sottrazione di un minore dalla famiglia di origine produce attività lavorativa per tutte quelle categorie di professionisti che ruotano attorno al caso; Comunità, case-famiglia, psicologi, psicoterapeuti,psichiatri, periti del tribunale, centri per bambini maltrattati, avvocati, giudici, e costa alla comunità la cifra di 2.000.000.000 di euro annui, tanto che non a caso l’on. Antonio Guidi, ex ministro per la famiglia in passata legislazione lo ha definito ad un convegno sul tema da noi organizzato a Trento, il “business del secolo” pronunciando le forti parole “vale più un chilo di bambino che un chilo di eroina”. Siamo stati brevi, i fatti che abbiamo appena descritto sono solo una parte della realtà, e potremmo andare ancora oltre, ma lasciamo a voi l’idea di quale siano gli ulteriori risvolti della situazione lasciando che la vostra libera immaginazione arrivi a pensare quanto non abbiamo avuto lo spazio di dire, e vi garantiamo che difficilmente vi discostereste dalla triste realtà. Quello che sentiamo è il dovere di contestare la procedura adottata dal tribunale in virtù di leggi malamente, o forzatamente applicate ottengono risultati contrari a quelli per cui sono state promulgate, e che non espletando accurate indagini avvalendosi di personale poco qualificato, o comunque indirizzato, tramuta il diritto del minore in tutela “a tutti i costi”, con pena per lo stesso e per la famiglia. Solo ultimamente ed in maniera molto marginale si è iniziato ad affrontare a livello istituzionale il problema esposto, ma nonostante le pressioni di diverse associazioni e politici stessi, ancora oggi i media nazionali, prime fonti di informazione, non ne parlano in maniera approfondita, salvo sporadici casi ultimamente trattati solo perchè hanno creato un certo scalpore le "modalità di sottrazione"(ricordate il bambino trascinato per le braccia ed i piedi dalle forze dell’ordine?), quando questi fatti avvengono invece quotidianamente lontano dai riflettori mediatici. La magistratura italiana nonostante i ripetuti richiami ricevuti ed in molti casi condanne, continua a disapplicare l’inalienabile diritto del fanciullo a crescere in seno al proprio nucleo familiare, (salvo casi di accertato abuso), così come sancito dalla convenzione di New York del 1989 ratificata dall’ Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. Il minore va indiscussamente tutelato, ma con intelligenza ed umanità, senza lucro e direttive di casta.  E’ nostra intenzione raccogliere questi fatti ad oggi ancora poco conosciuti, e portarli dinanzi ai giudici della Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo affinchè anche la nostra nazione si adegui alle direttive europee in materia. La nostra associazione si occupa di dare supporto alle famiglie con attività di consiglio, se necessario aiuto a carattere legale, aiuto psicologico, e dove possibile mediazione con le istituzioni, nonché lo studio approfondito della materia per il dialogo già in essere con parti politiche ed istituzionali volto alla risoluzione delle problematiche inerenti la vera tutela del minore. Siamo a vostra disposizione, contattateci per qualsiasi necessità o informazione.